
31 Gennaio. Facciamo i bagagli e ripartiamo col treno per Jaipur. Viaggio tranquillo. All’arrivo c’è anche il pickup ad attenderci come previsto (ma non scontato). L’albergo è carino e il personale amichevole. La stanza però è umida! (Scopriamo che goccia acqua dal soffitto – ce la faremo cambiare).
Usciamo per orientarci: anche se non è troppo distante, prendiamo un tuc tuc per il centro (evitando con 100 rupie la scarpinata). Il traffico è come o peggio di Delhi: nell’ingorgo di una rotonda avvistiamo perfino un barbiere di strada che, imperterrito, serve un avventore incurante del traffico! Arrivati alle mura, tutto diventa color coccio (Jaipur è detta in modo più ammiccante la città rosa..)
La zona vecchia è tutto un susseguirsi di porte e archi, decorati con motivi floreali e altro. L’atmosfera è piacevole e ci sono parecchi turisti occidentali. Decidiamo di fare un giro a piedi. Il percorso è caotico ma interessante. Osserviamo sia la vera architettura, sia la gente. Studenti giovanissimi, in divisa, all’uscita di scuola si imbarcano sui tuc tuc come fossero scuolabus (ci salgono in 10). Andiamo quindi a visitare il famoso palazzo del vento, simbolo di Jaipur, così detto per le tante finestre che consentivano alle donne dell’harem di guardar fuori senza esser viste. La sua prospettiva più famosa, onnipresente sui cataloghi turistici, è la facciata sulla strada principale: uno scenografico susseguirsi di finestrelle traforate, che scopriamo corrispondere a ben poco profondi spazi interni. Tutto il resto del palazzo è sul retro: un grande cortile interno circondato da piccoli edifici con terrazze, scale e scalette. Divertente e panoramico, offre una vista anche sull’osservatorio astronomico d’epoca. Usciti da lì già un po’ stanchi, cerchiamo inutilmente qualche cartolina, trovando invece negozi di “foto finte” (su fondale). È ancora presto per rientrare in hotel, così ci spingiamo fino all’Albert Hall Museum: un bel palazzo in stile anglo-indiano, che però ammiriamo solo dall’esterno.
La sera mangiamo da McDonald’s – rigorosamente pollo o hamburger vegetariani, niente manzo – assecondando il nostro desiderio di carne un po’ represso (perfino l’hotel dove alloggiamo ne vieta il consumo).
I due giorni successivi (1 e 2 febbraio) saranno dedicati a due gite: la prima all’Amber Fort, la seconda ad Abhaneri.
Sulla strada per Amber Fort ci fermiamo a fotografare il “palazzo sull’acqua” (sul lago): un luogo particolare che vale la pena vedere.
Al ritorno dall’ultima gita visitiamo il City Palace, residenza moderna (del 1700) e attuale del Maharaja. Piuttosto anonimo dall’esterno rispetto al resto, risulta comunque interessante. In particolare la sala delle udienze pubbliche, con alte volte e colonne, e le gigantesche anfore in argento usate dal Maharaja per portare l’acqua del Gange in occasione di un viaggio in Inghilterra a inizio ‘900. Purtroppo all’interno non si possono fare foto, ma in compenso troviamo finalmente qualche cartolina da spedire.
L’ultima visita della città è al tempio di Krishna dove, fortunosamente, assistiamo ad una cerimonia partecipatissima, con fedeli acclamanti all’ostensione dell’idolo.